I segreti della pasticceria napoletana: come nascono la sfogliatella e il babà

La pasticceria napoletana è un universo di gusto, storia e artigianalità che affonda le sue radici nei secoli. Tra le delizie più rappresentative di questa tradizione dolciaria ci sono due capolavori: la sfogliatella e il babà. Questi dolci non sono solo emblemi gastronomici, ma veri simboli dell’identità di Napoli, raccontano storie di conventi, influenze francesi, sperimentazioni e passione.

Camminando per le vie del centro storico, non è raro sentire il profumo caldo di sfogliatelle appena sfornate o vedere, dietro le vetrine delle pasticcerie storiche, file di babà lucidi e dorati pronti a essere gustati. Ma come nascono questi dolci? Quali sono i segreti dietro la loro preparazione? E perché continuano a conquistare il cuore di napoletani e turisti da generazioni?

La sfogliatella: un dolce con radici monastiche

La sfogliatella è uno dei dolci più iconici di Napoli, riconoscibile immediatamente per la sua forma a conchiglia e la sua croccantezza. Ma pochi sanno che le sue origini risalgono al XVIII secolo e che tutto iniziò tra le mura di un convento.

Fu nel convento di Santa Rosa da Lima ad Amalfi che nacque la prima versione di questo dolce, chiamata inizialmente “Santa Rosa”. Una suora, avendo a disposizione semola, frutta secca, zucchero e poco altro, creò un dolce con un guscio di pasta e un ripieno profumato. L’impasto inizialmente era più morbido, simile a una frolla, e solo successivamente divenne la “riccia” sfogliata che conosciamo oggi.

Il dolce fu poi adattato e migliorato nel corso del tempo dai pasticcieri napoletani, che resero la pasta sempre più sottile e friabile, fino a ottenere le famose mille sfoglie croccanti. Oggi esistono due versioni principali: la sfogliatella riccia, fatta con pasta sfoglia lavorata con cura e ripiena di ricotta, semola, canditi e aromi; e la sfogliatella frolla, più morbida, dal guscio compatto e dal cuore altrettanto gustoso.

Tecnica e pazienza: l’arte della sfogliatura

Fare una sfogliatella riccia è un processo lungo e meticoloso. Il segreto sta nella pasta: una miscela semplice di farina, acqua e sale, lavorata fino a diventare sottilissima. L’impasto viene poi steso, unto con strutto e arrotolato su sé stesso più volte per ottenere gli strati. Questo rotolo viene tagliato a fette e ogni fetta, schiacciata e allargata a mano, diventa il guscio della sfogliatella.

Il ripieno è altrettanto importante: una combinazione di ricotta di pecora fresca, semolino cotto, zucchero, uova, scorza d’arancia e canditi, che insieme danno al dolce la sua consistenza cremosa e il suo gusto agrumato, perfettamente equilibrato.

Il risultato è un contrasto perfetto: l’esterno croccante e fragrante si scontra con un interno morbido e delicato. La sfogliatella è un dolce che si mangia con le mani ma si gusta con tutti i sensi.

Il babà: un re francese che ha trovato casa a Napoli

Se la sfogliatella è nata nei conventi, il babà ha invece origini nobili e… francesi. La sua storia inizia nel XVIII secolo, alla corte del re polacco Stanislao Leszczyński, in esilio in Lorena. Si dice che il re, insoddisfatto dei kugelhopf (dolci lievitati tipici), decise di bagnarli con del rum per renderli più morbidi. Nasce così il “baba au rhum”, che si diffonde in Francia e, grazie ai cuochi al servizio della nobiltà borbonica, arriva a Napoli.

A Napoli però il babà cambia volto e carattere: diventa più soffice, più umido, più grande. Viene cotto in stampi a fungo, imbevuto abbondantemente in una bagna a base di rum, zucchero e acqua, e spesso guarnito con panna o frutta candita.

Il babà oggi: tradizione e creatività

Il babà è forse il dolce che meglio incarna la napoletanità: è generoso, intenso, un po’ teatrale. Si trova in versione grande, da tagliare a fette, oppure in formato monoporzione. Negli ultimi anni è diventato protagonista anche di reinterpretazioni moderne: babà salati, babà al limoncello, al cioccolato, ripieni di crema pasticcera o ricoperti di glassa.

Ma la vera sfida nella preparazione del babà è nella lievitazione. L’impasto, a base di farina, uova, burro e lievito, richiede tempi lunghi e una lavorazione precisa. Dopo una prima lievitazione, viene infornato, poi lasciato raffreddare e infine immerso più volte nella bagna. Il risultato è un dolce che non si limita a essere assaporato: si assorbe, si strizza, si vive.

Tradizione che continua al Gambrinus

Nel cuore di Napoli, il Caffè Gambrinus custodisce questa doppia anima della pasticceria napoletana. Le sfogliatelle vengono sfornate ogni giorno seguendo ricette tramandate, con mani esperte che piegano, farciscono, infornano. I babà, lucidi e profumati, attendono dietro le vetrine di essere gustati con un caffè o un liquore, magari guardando la piazza in un pomeriggio assolato.

Non si tratta solo di prodotti dolciari, ma di frammenti di storia. Ogni sfogliatella è una pagina del passato conventuale della Campania. Ogni babà è un ricordo di corte, passato per mille mani e approdato in un bar dove la tradizione è viva e vibrante.

Conclusione

Sfogliatella e babà non sono semplici dolci: sono icone culturali, espressioni di un territorio che fa del gusto un’arte e della pasticceria una forma di narrazione. Prepararli è un gesto di memoria, servirli è un atto di orgoglio, assaporarli è entrare in contatto con una parte autentica di Napoli.

Al Caffè Gambrinus queste tradizioni si rinnovano ogni giorno, grazie a maestri pasticcieri che conoscono i segreti della sfoglia perfetta e della bagna ideale. Che tu sia un turista alla scoperta della città o un napoletano doc, una sfogliatella calda o un babà imbevuto raccontano più di mille parole.

Perché a Napoli, anche la dolcezza ha una storia da raccontare.

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